(Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, sezione quinta, sentenza del 17 maggio 2016, n. 757, in www.cassazione.net)
Ai fini della plusvalenza, non è tassabile la cessione di azienda qualora il contratto venga risolto a causa dell’inadempimento dell’acquirente e ciò siccome presupposto affinché si origini l’imposta è che sia stato versato il corrispettivo pattuito.

È quanto chiarito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze con sentenza del 17 maggio 2016, n. 757.
Il caso concreto ha riguardato un atto di cessione di azienda di un esercizio commerciale al dettaglio nel quale le parti avevano stabilito che il prezzo fosse pagato in quarantotto rate mensili e detto pagamento era garantito da altrettanti vaglia cambiari aventi la medesima scadenza delle quarantotto
rate di pagamento.

Il contratto era stato strutturato mediante previsione di una clausola risolutiva espressa (ex art. 1456 c.c.) e di riserva di proprietà (ex art. 1523 c.c.), cosicché, la proprietà della cosa si sarebbe trasferita con il pagamento dell’ultima rata del prezzo ma il mancato pagamento di almeno tre rate anche non consecutive, avrebbe comportato la risoluzione del contratto (clausola risolutiva espressa).

Dal momento che gli effetti della cessione di azienda erano subordinati all’integrale pagamento del prezzo, l’omesso versamento di tutte le rate concordate aveva originato una situazione di inadempimento, derivante dalla crisi del compratore poi fallito, cosicchè, non si poteva dar seguito al trasferimento della proprietà dell’azienda e, di conseguenza, erano assenti i presupposti per il pagamento della plusvalenza.
In particolare, relativamente alla parte di prezzo già corrisposta, la società aveva rateizzato la plusvalenza in cinque quote ma, a causa della situazione di crisi, aveva interrotto il pagamento delle predette rate riducendo considerevolmente il plusvalore realizzato ed i ricorrenti avevano fatto presente detta circostanza.

Secondo i giudici toscani, il mancato pagamento di alcune rate non aveva prodotto gli effetti giuridici che le parti contraenti avevano pattuito, primo fra tutti il passaggio del diritto di proprietà dell’azienda dalla cedente alla cessionaria, pertanto, venendo a mancare il negozio, l’azienda era tornata  nel possesso della società cedente, cosicché nessuna plusvalenza era stata conseguita. Secondo i giudici, in un simile contesto, «in presenza di proventi che sono stati comunque incassati», si doveva «parlare di sopravvenienze attive tassabili».