VINCOLO DI INEFICABILITA’ ASSOLUTA – DIVIETO DI ALTERAZIONE DEI VOLUMI – TEMPO INDETERMINATO – INDEROGABILITA

(Cass.civ., sezione seconda, sentenza del 26 luglio 2016, n. 15458, in www.cassazione.net)

«Quando lo strumento urbanistico comunale prevede un vincolo di inedificabilità assoluta con divieto di alterazione dei volumi preesistenti, a tutela del carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale di una parte del territorio, tale vincolo, per la sua funzione conformativa rispetto al territorio che mira a regolare, ha – per sua natura – carattere inderogabile e non è soggetto a limiti temporali, potendo venir meno solo in forza delle diverse previsioni di uno strumento urbanistico successivo».
È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 26 luglio 2016, n. 15458.
Per modificare le prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e rimuovere i limiti ivi contenuti (nel caso di specie un vincolo di ineficabilità) è necessario venga emesso un nuovo strumento urbanistico; inoltre, il Piano Regolatore Generale (PRG) non può derogare alle distanze minime previste nelle zone omogenee (definite ai sensi del D.M. 1444/68) e nemmeno può porre divieti di costruire temporali.
La fattispecie all’esame della Suprema Corte ha riguardato una questione di vicinato (fondi in dislivello ubicati nell’isola di Capri) nell’ambito della quale erano in contesa alcuni manufatti posti sull’area di proprietà di un vicino e che, a detta di uno dei contendenti, non erano a distanza regolare dal confine.
Il Tribunale di Napoli e la Corte d’Appello di Napoli hanno sostanzialmente condannato il convenuto ad abbattere una parete di cemento costruita sulla linea di confine della proprietà di parte attrice e, il giudice di seconde cure, ha ulteriormente ordinato che i corpi di fabbrica fossero spostati di un metro ed arretrati dalla linea di confine.
Infine, la questione era arricchita dalla presenza di una rete metallica posta all’aperto sul confine tra le proprietà la quale, ad avviso dei giudici, costituiva un manufatto finalizzato a proteggere l’incolumità delle persone sui fondi in dislivello e non poteva essere qualificata come una luce in quanto a «tenore dell’articolo 900 c.c., le luci sono costituite dalla finestre e dalle altre aperture sul fondo del vicino che danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo predetto; ne consegue che non costituisce luce una rete metallica apposta all’aperto sul confine con il fondo del vicino, la quale non svolge la funzione di dare luce ed aria ad una fabbrica, ma serve solo alla protezione delle proprietà o – trattandosi di fondi di dislivello – anche di tutela della incolumità delle persone».