ARBITRI – CLAUSOLA COMPROMISSORIA EX ART. 34 D.LGS. 5/2003 GENERICA – E’ POSSIBILE RIMETTERE UNA DECISIONE INERENTE UNA DELIBERA DI ASSEMBLEA AL COLLEGIO ARBITRALE ANCHE SE LO STATUTO SOCIALE NON CONTIENE UNA SIMILE ESPRESSA PREVISIONE ***
(Cass.civ., sezione sesta, sentenza del 28 agosto 2015, n. 17283, in www.cassazione.net)
È possibile rimettere una controversia in arbitri anche qualora lo statuto della società interessata dalla
vicenda preveda genericamente la possibilità di ricorrere al procedimento arbitrale ed ancorchè non siano espressamente menzionate le delibere assembleari tra le materia da rimettere agli arbitri.
Il caso concreto ha riguardato una controversia inerente la validità di una delibera assembleare avente ad oggetto l’approvazione del bilancio e l’aumento di capitale sociale di una società per azioni il cui statuto sociale conteneva una formulazione generica della clausola di cui all’art. 35 del D.Lgs. 5/2003 (e non indicava espressamente le delibere di assemblea tra gli oggetti compromittibili in arbitri).
Secondo i giudici della Corte di Cassazione, trattandosi di diritti disponibili (aumento di capitale), invece, è possibile, in ogni caso, rimettere le vicende in esame alla decisione di un collegio arbitrale ex art. 34 che, come noto, deve essere nominato da un terzo estraneo alla società.
Sarebbe infatti scorretto interpretare il dettato del quinto comma dell’art. 35 del D.Lgs. 5/2003 (“5. [l]a devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validita’ di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera”) come preclusivo della possibilità di adire un collegio arbitrale.
In base a tali principi la Corte di Cassazione ha respinto le richieste avanzate dai soci di minoranza di una società di capitali, i quali, asserendo di essere stati danneggiati dalla delibera, volevano adire il Tribunale, invece di ricorrere al lodo arbitrale.
A parere dei ricorrenti, tale attività sarebbe stata preclusa al lodo arbitrale in quanto non menzionata
espressamente nella clausola statutaria.
Ad avviso dei giudici della Corte di Cassazione, come osservato, anche la materia della validità delle delibere di assemblea è rimettibile in arbitri, qualora relativa a diritti disponibili, non esistendo supporti normativi idonei ad accogliere le eccezioni sollevate dalla parte ricorrente, idonee a restringere il perimetro di applicazione della disciplina arbitrale in esame.
In base a tali motivazioni la questione deve essere rimessa ad un collegio nominato secondo la regola dettata nell’art. 34 del D.Lgs. 5/2003.