FONDO PATRIMONIALE – ATTIVITA’ LAVORATIVA DI UNO DEI CONIUGI – DEBITO INERENTE I BISOGNI DELLA FAMIGLIA

(Cass.civ., sezione tributaria, sentenza del 29 novembre 2016, n. 24206, in Giuffrè)

È legittima l’iscrizione ipotecaria sui beni oggetto di fondo patrimoniale se il contribuente non prova che la spesa che ha originato il credito tributario era stata contratta per soddisfare bisogni “estranei” alle necessità della famiglia (nel caso di specie si era trattato di un’obbligazione tributaria sorta in ragione dell’attività lavorativa di un coniuge).
È quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24206 del 29 novembre 2016.
La vicenda ha riguardato l’impugnazione di una pronuncia della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con cui il giudice tributario aveva respinto l’appello proposto avverso la decisione della Commissione Tributaria Provinciale, la quale aveva ritenuto legittima l’ipoteca iscritta (ai sensi dell’articolo 77 del d.P.R. n. 602/1973) su immobili costituiti in fondo patrimoniale, in forza di una cartella esattoriale. Il giudice di seconde cure, infatti, aveva argomentato la decisione considerando c h e «l’obbligazione tributaria […], essendo attinente all’attività lavorativa di uno dei
coniugi», poteva «considerarsi inerente il soddisfacimento dei bisogni familiari, intesi in senso non restrittivo», e non già con riferimento «ad esigenze voluttuarie o meramente speculative», cosicché, la decisione di primo grado era senz’altro da confermare.
Secondo il contribuente, invece, l’iscrizione non era legittima, siccome i «debiti tributari» non rientrano entro il perimetro dei «bisogni della famiglia». Posizione non condivisa dai giudici della Corte di Cassazione i quali, rigettando il ricorso proposto (e confermando le decisioni emesse nei gradi precedenti), hanno interpretato l’espressione contenuta nell’articolo 170 cod.civ. in senso estensivo (facendo rientrare anche i crediti dell’Erario tra le spese “inerenti” le necessità della famiglia): nel caso in esame, di conseguenza, il gravame era stato correttamente iscritto.
Inoltre, nella sentenza viene chiarito che è il giudice di merito a dover accertare «se il debito [sia stato] contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, con la precisazione che, se è vero che tale finalità non si [possa] dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è vero altresì che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni».
Grava su colui che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, l’onere di provare che la spesa sostenuta non era attinente alla soddisfazione delle necessità del nucleo familiare; dal momento che, nel caso concreto, nessuna prova era stata fornita in
tal senso, i giudici hanno concluso ritenendo validamente iscritta l’ipoteca sui beni del fondo patrimoniale.