RINUNCIA ALL’EREDITA’ – DELAZIONE – SUCCESSIVA ACCETTAZIONE – LEGITTIMITA’
(Cass.civ., sezione sesta, sentenza del 4 luglio 2016, n. 13599, in Giuffrè).
La «rinunzia all’eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, stante il disposto dell’art. 525 c.c. e non è, pertanto, ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita, allorquando il comportamento del rinunciante sia incompatibile con la volontà di non accettare la vocazione
ereditaria».
È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con sentenza del 4 luglio 2016, n. 13599.
Conseguenza della rinunzia all’eredità è la perdita del diritto all’eredità, qualora essa venga acquistata dagli altri chiamati; tuttavia, ove la delazione non si consolidi nel patrimonio di successivi chiamati, l’eredità può essere accettata anche una volta rinunziata e ciò siccome, osservano i giudici, l’atto
abdicativo non è ostativo alla successiva accettazione.
In merito alla forma che deve avere l’atto di rinunzia all’eredità, è pacifico debba rivestire forma solenne, ovvero, si deve trattare di una dichiarazione resa davanti al notaio o al cancelliere, con successiva iscrizione nel registro delle successioni, senza possibilità di equipollenti (Cass. 29.3.2003 n. 4846; Cass. 12.10.2011 n. 21014; Cass. 20.2.2013 n. 4274). Ne consegue che non è possibile dar seguito ad un atto di rinunzia all’eredità nella forma della scrittura privata con sottoscrizioni autenticate e ciò siccome la fattispecie sarebbe contraria a quanto prescritto negli articoli 519 e 525 c.c..
Proprio considerando il requisito formale rivestito dall’atto di rinuncia all’eredità che, nel caso di specie era quello della scrittura privata con sottoscrizioni autenticate, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta e rinviato la questione ad un’altra sezione della medesima Corte al fine di emettere una nuova pronuncia in merito alla questione