Legge, 20 maggio 2016, n. 761. Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.

Le differenze essenziali che c riguardano tra unione civile e patto di convivenza sono le seguenti:

–  UNIONE CIVILE: viene conclusa solo davanti all’ufficiale dello stato civile e non dal notaio; prevista solo per coppie omosessuali; prevede la comunione legale come regime ordinario salvo diversa scelta; equiparazione sostanziale dei diritti successori; può essere stipulato un fondo patrimoniale; non prevede la nascita del rapporto di affinità (questo anche il patto di convivenza).

CONVIVENZA: per atto notarile o autenticato da un avvocato (!); per coppie etero e omosessuali; separazione dei beni come regime ordinario salvo diversa scelta; non vi sono diritti successori; può essere stipulato un fondo patrimoniale; non prevede la nascita del rapporto di affinità (questo anche il patto di convivenza).

NB: Estremamente rilevante è il comma 37 della legge ai sensi del quale sembra ritenersi che la convivenza di fatto debba preesistere alla stipulazione del patto di convivenza e, pertanto, è richiesta la dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, necessaria anche per la verifica dei requisiti, a pena di nullità, previsti dall’art. 57

 

PROFILI TRIBUTARI

Agevolazioni in sede di separazione: prevale la tesi affermativa.

2.2. La imposizione indiretta dei contratti di convivenza portanti convenzioni (e clausole) senza efficacia traslativa.

Per le convenzioni e le clausole non aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, risulterà applicabile (ed una sola volta, quante convenzioni e clausole siano riportate nell’unico documento sottoposto alla registrazione secondo quanto affermato dall’A.F. con circolare n.44/E del 7 ottobre 2011) l’imposta di registro in misura fissa. Ad esempio:

  1. a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute;
  2. b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

– Per le convenzioni (e le clausole) invece aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale: l’interprete – al fine di individuare il corretto trattamento fiscale – dovrà di volta in volta verificare “quale” prestazione a contenuto patrimoniale la convenzione ( o la clausola) pattuita comporta e quale ne sia il “titolo” (se oneroso o gratuito), in modo da stabilire in via preliminare e pregiudiziale in quale ambito la statuizione o pattuizione negoziale si colloca, se in quello inciso con imposta di registro o di donazione.

Così, ed a scopo solo esemplificativo, in tutti i casi in cui uno o entrambi i conviventi s’impegnino ad una contribuzione in danaro o in natura per sopperire alle necessità del menage, sarà giocoforza discriminare le ipotesi in cui tali impegni siano unilaterali da quelle in cui essi si pongano su di un piano di corrispettività e di sostanziale parità economico-finanziaria, in quanto nelle prime potrebbe trovare applicazione il sistema impositivo previsto dalla normativa fiscale vigente (ex art. 2 commi 47 ss. del d.l. 3 ottobre 2006 n.262 convertito in legge 24 novembre 2006 n.286 ed ex TU n.346/90) per gli atti a titolo “gratuito” (e quindi non necessariamente donativi o liberali) e nelle altre ipotesi invece potrebbe trovare applicazione il sistema impositivo previsto dalla normativa fiscale vigente per gli atti a titolo oneroso (e quindi applicando un’imposta di registro ad una base imponibile commisurata al valore della “prestazione che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta” ex lettera c) art. 43 del TUR).

Se infatti in questi tipi di contratti si ritiene di regola assente l’intento donativo, ciò non vuol dire che non possa trovare ingresso anche la normativa fiscale di cui al TU n.346/90

–  Obblighi nei suoi confronti a provvedere al suo mantenimento e a prestare qualunque tipo di assistenza morale e materiale qualora, per avventura, questi fosse in stato di bisogno e non fosse in grado di provvedervi con proprie disponibilità finanziarie o si trovasse comunque in condizioni soggettive e/o oggettive tali da non potervi provvedere. In tal caso non si trasferisce alcun bene o diritto, né si costituisce una rendita o una pensione, ma si assume solo l’obbligo della prestazione di un “facere” che può avere ampio e diversificato contenuto. È evidente che una convenzione siffatta potrebbe in linea teorica essere assoggettata dal Fisco all’imposta di registro con l’aliquota del 3% (ai sensi dell’art. 9 della tariffa parte prima del TUR n.131/86) e il problema sarebbe quello di individuare un “valore” quale base imponibile di ardua individuazione al momento della stipula dell’atto. Potrebbe soccorrere in tal caso la tecnica della tassazione con i criteri dell’art. 35 del TUR, ossia applicare l’imposta su di un valore solo provvisoriamente determinato.

Se tra le prestazioni dedotte nel contratto di convivenza si profila una sostanziale parità o corrispondenza sinallagmatica sotto il profilo economico, si dovrebbe coerentemente uscire fuori dall’alveo del sistema impositivo segnato dal TU n.346/90 per rientrare in quello del TUR (DPR n.131/86) (12).

2.3. La imposizione indiretta dei contratti di convivenza portanti convenzioni (e clausole) con efficacia traslativa.

Quanto ai criteri d’imposizione delle convenzioni (e clausole) con efficacia traslativa, bisognerà innanzitutto verificare se il trasferimento (segnatamente immobiliare):

1) non sia altro che l’effetto di un contratto “tipico” di donazione o vendita, nel qual caso non si profilerà criticità alcuna applicandosi i principi generali in materia fiscale;

2) o avvenga nell’ambito di un contratto traslativo posto in essere nell’adempimento di una pregressa obbligazione contrattuale assunta dal disponente o di un’obbligazione “naturale” (connessa come tale al legame di convivenza in sé);

3) o si articoli come “corrispettivo” di una prestazione assistenziale, magari vitalizia, cui per ipotesi si possa obbligare anche un terzo “vitaliziante’: prestazione da eseguire a favore di un primo beneficiario (vitaliziato) e, laddove opportuno o richiesto, anche a favore di ulteriore beneficiario, dopo la morte del primo (nella formula del contratto a favore del terzo – beneficiario – da eseguire dopa la morte dello stipulante ex art. 1412 c.c.);

Segnatamente quanto alla ipotesi sub 2), esclusa, di regola, la causa donativa o liberale, il trasferimento potrà non essere considerato semplicisticamente “a titolo gratuito” (circostanza che renderebbe operativa l’applicabilità delle disposizioni di cui al TU n.346/90) qualora l’atto traslativo o attributivo (anche per ipotesi divisorio, allorché abbiano per effetto lo scioglimento della comunione) possa essere qualificato al contrario come “oneroso”, in quanto perfezionato in esecuzione di un obbligo (atto quindi “dovuto”) già assunto tra i conviventi in tempi antecedenti al trasferimento stesso o da ritenersi connesso con il tipo di particolare legame di convivenza.

A fortiori si deve ritenere che l’opzione negoziale di cui supra sub 3) comporti assoggettamento ai criteri impositivi di cui al TUR n.131/86, e segnatamente alla individuazione di una base imponibile ragguagliata – ai sensi dell’art. 43 lett. c) – al valore del bene ceduto o al valore della prestazione che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta), con avvertenza che in ipotesi di ulteriore prestazione assistenziale (oltre che a favore del disponente dell’immobile, vitaliziato originario) anche a favore di terzi da eseguire dopo la morte del vitaliziato originario, dovrà essere valutata – a fini impositivi e stavolta con riferimento alle disposizioni del TU n.346/90 – il trasferimento di ricchezza che da essa derivi a favore di quest’ultimi a titolo gratuito.

 

NORMATIVA ESSENZIALE

  1. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 37 a 67 si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

 

  1. Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

 

  1. Nella sezione VI del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile, dopo l’articolo 230-bis47 è aggiunto il seguente:

«Art. 230-ter (Diritti del convivente). – Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i

conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato».

  1. I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.

 

  1. Ai fini dell’opponibilità ai terzi, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione ai sensi del comma 51 deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

 

  1. Il contratto di cui al comma 50 reca l’indicazione dell’indirizzo indicato da ciascuna parte al quale sono effettuate le comunicazioni inerenti al contratto medesimo. Il contratto può contenere:
  2. a) l’indicazione della residenza;
  3. b) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
  4. c) il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile.

 

  1. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51.

 

  1. Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione. Nel caso in

cui le parti inseriscano termini o condizioni, questi si hanno per non apposti.

 

  1. II contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile che può essere fatta valere da

chiunque vi abbia interesse se concluso:

  1. a) in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
  2. b) in violazione del comma 36;
  3. c) da persona minore di età;
  4. d) da persona interdetta giudizialmente;
  5. e) in caso di condanna per il delitto di cui all’articolo 88 del codice civile53.

 

  1. Il contratto di convivenza si risolve per:
  2. a) accordo delle parti;
  3. b) recesso unilaterale;
  4. c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
  5. d) morte di uno dei contraenti.
  6. In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’articolo 438, secondo comma, del codice civile57. Ai fini della determinazione dell’ordine degli obbligati ai

sensi dell’articolo 433 del codice civile58, l’obbligo alimentare del convivente di cui al presente comma è adempiuto con precedenza sui fratelli e sorelle.