PERMUTA DI COSA PRESENTE CON COSA FUTURA – FORMA SCRITTA RICHIESTA PER STIPULARE IL CONTRATTO – NON PER INDIVIDUARE LA COSA *** (Cass.civ., sezione prima, sentenza del 16 maggio 2016, n. 9994, in Giuffrè)

Nei «contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è
necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non già per l’individuazione
della cosa, la cui proprietà si trasferisce automaticamente con la venuta ad esistenza della stessa».
E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 16 maggio 2016, n. 9994 che,
richiamando propri precedenti, ha rinnovato l’idea per cui è legittimo il contratto di permuta di cosa
presente (con conseguente effetto traslativo immediato della proprietà) con cosa futura ovvero
soltanto generica (abbisognevole, pertanto, di individuazione nell’ambito del relativo “genus”), la cui
proprietà sia trasferita in un momento successivo (all’atto, cioè, della rispettiva venuta ad esistenza o
specificazione), realizzandosi, in tal caso, l’effetto traslativo immediato con riguardo alla cosa presente,
e la contestuale nascita dell’obbligazione, per il ricevente, di tenere il comportamento necessario
affinché la “res”, futura o generica, sia a sua volta trasferita in proprietà alla controparte, per effetto
della sua venuta ad esistenza o specificazione (Cass. n. 1671/1951 e 10256/1997).
Il caso concreto ha riguardato la stipula di un atto di compravendita (ad avviso di parte attrice, simulato)
e di un contratto di permuta (invece valido) ove una delle parti contraenti era una società a
responsabilità limitata poi fallita.
Gli immobili in contratto, inoltre, erano stati oggetto sia della trascrizione di un pignoramento (nel quale
era subentrato il fallimento della società a responsabilità limitata), sia della trascrizione di una domanda
giudiziale (ad opera di parte attrice) ma, dal momento che quest’ultima formalità risaliva ad un’epoca
successiva rispetto alla trascrizione del pignoramento, la Cassazione ha evidenziato come la seconda
formalità non avesse comportato l’invalidità del disposto trasferimento in capo della parte
controricorrente, bensì, avesse inciso esclusivamente sul piano dell’efficacia relativa del trasferimento,
da ritenersi inopponibile al fallimento, con conseguente esposizione del bene al procedimento di
esecuzione forzata.
A tale proposito ricordano i giudici che «il terzo che, in pendenza dell’esecuzione forzata e dopo la
trascrizione del pignoramento di immobile, abbia acquistato a titolo particolare il bene pignorato,
soggiace alla disposizione di cui all’art. 2913 c.c., la quale – sancendo l’inefficacia verso il creditore
procedente ed i creditori intervenuti delle alienazioni del bene pignorato successive al pignoramento –
nega a tale terzo la possibilità di svolgere le attività processuali inerenti ad un suo subingresso nella
qualità di soggetto passivo dell’esecuzione, né detto terzo è legittimato a proporre l’opposizione agli
atti esecutivi».

Associazione Insignum – Notiziario n. 19/2016 del 22 maggio 2016