PRELAZIONE AGRARIA
‘Ha diritto di prelazione il coltivatore diretto affittuario del terreno o proprietario del terreno confinante con quello offerto in vendita’
La riforma del 2004 ha esteso alle società agricole anche il diritto di prelazione per l’acquisto dei terreni condotti in affitto o confinanti, sinora riservato ai coltivatori diretti, ma con un’importante limitazione. Il diritto di prelazione spetta solo alle società agricole di persone in cui almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto. Rimane un collegamento con la figura del coltivatore diretto, dato che almeno la metà dei soci devono essere tali. Ciò che conta è il numero dei soci, indipendentemente dalla loro quota di partecipazione, altrimenti il legislatore avrebbe dovuto fare riferimento alla metà del capitale sociale. Rimangono sempre escluse dal diritto di prelazione le società di capitali, indipendentemente dalla presenza di soci coltivatori diretti.
Il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferiti ad altri per l’acquisto di un terreno agricolo, quando il proprietario decide di venderlo. Il diritto di prelazione spetta anzitutto al coltivatore diretto (o società agricola in cui almeno la metà dei soci è coltivatore diretto) che conduce in affitto, da almeno due anni, il terreno offerto in vendita (art. 8 della legge 590/1965). Solo se il terreno non è affittato a un coltivatore diretto (o società agricola), hanno invece il diritto di prelazione i coltivatori diretti (o società agricole in cui almeno la metà dei soci è coltivatore diretto) proprietari di terreni confinanti (art. 7 della legge 817/1971). In entrambi i casi non hanno diritto alla prelazione gli imprenditori agricoli professionali. Lo scopo di queste norme è quello di favorire l’acquisto dei terreni agricoli da parte di chi effettivamente li coltiva, quindi il diritto di prelazione è espressamente escluso dalla legge quando il terreno si trova in zona edificabile anche se in base a un piano regolatore adottato ma non ancora definitivamente approvato. Il diritto di prelazione è escluso anche quando il terreno agricolo è oggetto di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento ed espropriazione per pubblica utilità, oltre che, naturalmente, in caso di donazione.
Per consentire l’esercizio della prelazione, il proprietario che intende vendere il terreno è tenuto a notificare la proposta di vendita, con lettera raccomandata, all’affittuario o ai confinanti, allegando il contratto preliminare di compravendita (compromesso) contenente il nome dell’acquirente, il prezzo e le altre condizioni stabilite per la cessione. Il destinatario della notifica ha trenta giorni di tempo per esercitare il diritto di prelazione. Se comunica la sua intenzione di esercitare il diritto, il contratto si intende concluso, e il prezzo deve essere pagato entro tre mesi. Quando il terreno viene venduto senza fare la notificazione, oppure quando il prezzo indicato nella notificazione è superiore a quello risultante nel contratto di compravendita, l’avente diritto alla prelazione può riscattare il terreno dall’acquirente entro un anno dalla trascrizione della vendita nei registri immobiliari. La notificazione si può evitare se si ottiene una rinuncia scritta da parte degli aventi diritto, che devono però essere stati preventivamente informati del prezzo di vendita e di tutte le condizioni della cessione. Nel caso dell’affittuario, la rinuncia deve essere sottoscritta con l’assistenza dell’associazione agricola a cui egli aderisce.
La prelazione agraria è sempre stata fonte di liti e controversie, pertanto la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi varie volte sull’argomento, fornendo una soluzione a molte questioni dubbie. La prelazione deve normalmente essere esercitata per l’intero fondo offerto in vendita. Se però una parte del terreno ha una diversa destinazione urbanistica (per esempio è edificabile), si ritiene che l’avente diritto possa limitarsi a esercitare la prelazione sulla parte che mantiene la destinazione agricola.
Ma cosa succede quando la prelazione è esercitata da più di un confinante? Secondo la nuova legge di orientamento per il settore agricolo bisogna tenere conto, nell’ordine, della presenza di coltivatori diretti di età compresa tra i 18 e i 40 anni, del loro numero e del possesso da parte di essi di conoscenze e competenze adeguate. In precedenza la giurisprudenza aveva stabilito che il terreno offerto in vendita dovesse essere diviso tra gli interessati in proporzione alla forza di lavoro di ciascuno di essi. Questo criterio dovrebbe ora trovare applicazione solo quando non risultano applicabili le indicazioni della legge.
Se invece il fondo confinante è di proprietà di più persone, il diritto di prelazione spetta a tutti i coltivatori diretti comproprietari del fondo, nel senso che la notifica deve essere fatta a tutti, e ciascuno di essi può esercitare la prelazione sul fondo offerto in vendita, indipendentemente dal comportamento degli altri.
Il diritto di prelazione dell’affittuario viene meno quando egli ha già concordato con il proprietario il rilascio del terreno, anche se per una data successiva, rinunciando alla proroga del contratto. In tal caso, infatti, si ritiene che non vi sia un interesse apprezzabile, da parte sua, ad acquisire la proprietà del terreno. Il diritto di prelazione del confinante è invece escluso quando tra i terreni non esiste una contiguità materiale, cioè se questi sono divisi da un canale demaniale, una ferrovia oppure una strada statale, provinciale o comunale. Si ritiene invece che non escluda il diritto di prelazione la presenza di una strada vicinale o privata, anche se comune a più proprietari, o di un semplice fosso. Il diritto di prelazione, infine, spetta solo nella vendita del terreno, e non in caso di permuta dello stesso con un altro bene, né in caso di conferimento del terreno in una società. Infatti, mentre il prezzo in denaro può essere pagato da chiunque, in queste ipotesi il corrispettivo è infungibile. Resta naturalmente fuori dal campo di applicazione della prelazione agraria la cessione, anche totale, delle quote di una società che sia proprietaria di terreni agricoli.
Un aspetto molto controverso riguarda la sussistenza del diritto di prelazione in capo al confinante in presenza di un affittuario. Abbiamo visto che l’affittuario, quando coltiva il fondo da almeno due anni, ha sempre il diritto di prelazione. Il confinante, invece, ha diritto di prelazione solo quando manca l’affittuario. Secondo la legge, quindi, la semplice circostanza che il terreno sia concesso in affitto a un altro coltivatore diretto fa venire meno il diritto di prelazione del confinante. Non è prevista una durata minima del contratto di affitto, né tantomeno è richiesto il termine dei due anni, a cui la legge ricollega soltanto il sorgere del diritto di prelazione dell’affittuario. Quindi, se un terreno è concesso in affitto a un coltivatore diretto da meno di due anni, l’affittuario non ha diritto di prelazione, ma non ce l’ha neppure il confinante. Il risultato, forse paradossale, è che il terreno può essere alienato liberamente.
La prassi, per motivi cautelari, è orientata nel ritenere necessario il trascorrere dei due anni per il venir meno del diritto di prelazione del confinante, pur in mancanza di una previsione legislativa in tal senso. Una volta passati i due anni, sorge il diritto di prelazione in capo all’affittuario, e certamente il confinante non può più avanzare pretese. Quando l’acquirente è proprio l’affittuario, seguendo questa strada gli si garantisce la massima tutela. E accade anche che il contratto di affitto sia stipulato proprio al fine di evitare la prelazione del confinante, e che la compravendita sia appositamente rimandata allo scadere dei due anni.
Negli ultimi anni la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sull’argomento, e richiamandosi alla lettera della legge ha espressamente affermato che il confinante non ha diritto di prelazione quando il terreno è affittato a un coltivatore diretto, indipendentemente dal fatto che siano trascorsi i due anni necessari perché questo acquisti a sua volta il diritto di prelazione (Cass. 10626/1998). Questo orientamento ha trovato conferma anche recentemente (Cass. 10227/2001). La Suprema Corte ha comunque chiarito che, pur non essendo richiesto il termine biennale, perché venga meno la prelazione del confinante è necessario che l’affitto non abbia un carattere di precarietà, tale da far presumere che sia stato predisposto al solo fine di eludere le norme sulla prelazione. Non è sufficiente, quindi, un contratto di affitto frettolosamente stipulato nell’imminenza della vendita, né tantomeno può assumere rilevanza un insediamento di fatto nella coltivazione del fondo, cioè in assenza di regolare contratto di affitto. Inoltre, resta fermo il diritto di prelazione del confinante quando l’affittuario, già prima della vendita, ha rinunciato a proseguire nell’affitto, anche se il rilascio del fondo avviene in una data successiva. Non sarà facile, insomma, approfittare dell’orientamento della giurisprudenza per eludere la prelazione del confinante. Tuttavia, la mancanza di un rigido termine biennale renderà possibile, in alcuni casi, accelerare la vendita del fondo senza esporsi alla prelazione, specialmente quando l’acquirente è lo stesso affittuario.
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