MANCATO ACQUISTO, RISOLUZIONE E FALLIMENTO
Il mancato acquisto dell’immobile
Come abbiamo visto, il conduttore non è obbligato ad acquistare l’immobile, ma ha il diritto di acquistarlo entro un termine determinato.
Nel caso in cui il conduttore non eserciti il diritto di acquistare l’immobile, il contratto cessa di produrre effetti alla scadenza del termine in esso convenuto, e il conduttore deve riconsegnare l’immobile al concedente nello stato in cui si trovava al momento della stipula del contratto, fatto salvo il normale deterioramento derivante dall’uso. Il contratto vale come titolo esecutivo (art. 474 del codice di procedura civile) per il rilascio dell’immobile nell’ambito del procedimento di cui all’art. 2930 del codice civile.
La legge prevede inoltre che le parti devono indicare nel contratto la parte dei canoni imputata a corrispettivo che deve essere restituita all’acquirente in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto nel termine concordato (art. 23, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
La risoluzione per inadempimento
Le parti sono libere di determinare il numero dei canoni il cui mancato pagamento (anche non consecutivo) da parte del conduttore comporta la risoluzione del contratto, purché non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo (art. 23, secondo comma, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto (art. 23, quinto comma, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, questo deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali (art. 23, quinto comma, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
Il fallimento di una delle parti
In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, e il contratto non è soggetto ad azione revocatoria (art. 23, sesto comma, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), se è stato concluso al giusto prezzo e ha per oggetto un immobile ad uso abitativo, destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado (art. dell’articolo 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267).
In caso di fallimento del conduttore, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal contratto, a meno che il contratto abbia per oggetto un immobile a uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente, o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero un immobile a uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente. Se il curatore si scioglie dal contratto, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto (art. 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267).
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