Le tasse su eredità e donazioni
Dal 3 ottobre 2006 successioni e donazioni sono ancora tassate (decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262), come già avveniva fino al 2001, quando le relative imposte erano state abolite dal Governo Berlusconi. Appena rinate dalle proprie ceneri, le imposte sulle successioni e donazioni sono state subito modificate, prima con la legge di conversione del decreto collegato alla finanziaria (legge 24 novembre 2006, n. 286), e poi ancora con la vera e propria legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).
Quando si applicano le nuove tasse
Le nuove imposte sulle successioni e donazioni, come risultanti dalle modifiche introdotte dalla legge finanziaria 2007, si applicano alle successioni di chi è deceduto a partire dal 3 ottobre 2006 (si considera la data della morte, indipendentemente da quando è presentata la dichiarazione di successione) e alle donazioni stipulate dal 1° gennaio 2007 (in questo caso si fa riferimento alla data dell’atto notarile).
Le successioni di chi è deceduto prima del 3 ottobre 2006 sono tassate ancora con le regole precedenti, anche se la dichiarazione di successione viene presentata dopo l’entrata in vigore della riforma.
Cosa è tassato
Le nuove imposte si applicano:
– per quanto riguarda le successioni, su tutto il patrimonio lasciato dal defunto, inteso come differenza tra attività e passività, con le sole eccezioni espressamente previste dalla legge;
– per quanto riguarda le donazioni, su tutti i beni che ne sono oggetto, con le sole eccezioni espressamente previste dalla legge.
Sono tassati i immobili di qualsiasi genere (fabbricati abitativi e strumentali, terreni agricoli e terreni edificabili), i beni mobili (comprese barche e aeromobili, ma escluse auto e moto), il denaro, i gioielli, le opere d’arte, i crediti, i conti correnti, gli investimenti (azioni, obbligazioni, fondi) e in genere qualsiasi rapporto bancario; i titoli di Stato o equiparati sono esenti dall’imposta di successione, ma sono tassati in caso di donazione. A proposito dei rapporti bancari intestati al defunto, ricordiamo che le banche devono sempre chiedere la prova della presentazione della dichiarazione della successione prima di metterli a disposizione degli eredi.
Sono tassate anche le aziende e le partecipazioni in società di ogni genere (escluso l’avviamento), a meno che ricorrano le condizioni previste dalla legge per applicare l’esenzione a favore dei discendenti.
Per quanto riguarda l’imposta di successione, sono deducibili dall’attivo ereditario le passività. Esse consistono anzitutto nei debiti che aveva il defunto alla data della morte, purché risultanti da atto scritto avente data certa anteriore all’apertura della successione, dalle scritture contabili obbligatorie (per i debiti inerenti l’esercizio di imprese) o da provvedimento giurisdizionale definitivo. Sono inoltre deducibili le spese mediche e chirurgiche sostenute dagli eredi per il defunto negli ultimi sei mesi di vita, se risultano da regolari quietanze, e le spese funerarie, risultanti da regolari quietanze, per un importo non superiore a euro 1.032,91.
Sono comunque previste franchigie a favore del coniuge, dei figli e degli altri discendenti in linea retta (un milione di euro), dei fratelli e delle sorelle (100 mila euro) e dei soggetti portatori di handicap riconosciuto grave (1.500.000 euro). In molti casi, dunque, l’imposta di successione e donazione non è dovuta, perché si rimane al di sotto della soglia di esenzione, e si pagano solo le imposte ipotecarie e catastali sugli immobili, se presenti.
Quanto si paga
Le nuove imposte sulle successioni e donazioni si applicano con tre aliquote (4%, 6% e 8%) differenziate in base al grado di parentela che gli eredi hanno con il defunto oppure tra donante e donatario.
Il coniuge e i figli (o parenti in linea retta) pagano il 4%, ma è prevista una franchigia, cioè una soglia al di sotto della quale non si paga l’imposta, di un milione di euro per ciascuno degli eredi o donatari, quindi di fatto la tassa del 4% si paga solo sulla quota che supera, per ogni singolo beneficiario, il valore di un milione di euro.
Fratelli e sorelle pagano una tassa del 6%, ma hanno diritto a una franchigia di 100 mila euro. Anche in questo caso la franchigia si calcola su ogni singolo erede o donatario.
Gli altri parenti fino al quarto grado, gli affini in linea retta, e gli affini in linea collaterale fino al terzo grado pagano il 6%, senza alcuna franchigia. Si paga quindi fin dal primo euro ereditato o ricevuto in donazione. Questa categoria comprende nipoti e pronipoti (discendenti dei fratelli), zii e prozii, primi cugini, generi e nuore, suoceri e cognati.
Tutti gli altri soggetti, quindi i parenti più lontani e gli estranei, pagano una tassa dell’8%, anche in questo caso senza alcuna franchigia.
Franchigie ed esenzioni
Come abbiamo visto, la legge prevede per alcune categorie di eredi e donatari delle franchigie, cioè delle soglie di valore al di sotto delle quali l’imposta non deve essere pagata.
Le franchigie sono previste solo a favore del coniuge, dei figli, dei parenti in linea retta, dei fratelli e sorelle e dei portatori di handicap grave.
Coniuge, figli e parenti in linea retta hanno diritto a una franchigia di un milione di euro per ciascuno degli eredi o donatari.
Fratelli e sorelle hanno invece diritto a una franchigia di 100 mila euro per ciascuno degli eredi o donatari.
I portatori di handicap riconosciuto grave (ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104), hanno sempre diritto a una franchigia di 1.500.000 euro, indipendentemente dal rapporto di parentela con il defunto o il donante.
Queste franchigie si calcolano sempre sul valore della donazione oppure della quota di eredità attribuita a ciascuno dei beneficiari, e non sul patrimonio complessivo lasciato dal defunto. Questo meccanismo fa sì che la franchigia aumenti al crescere del numero dei beneficiari. Per esempio, se il defunto lascia, oltre alla moglie, quattro figli, ciascuno di essi ha diritto alla franchigia di un milione di euro, e il patrimonio sul quale non si applica l’imposta arriva fino a cinque milioni di euro. Grazie alla franchigia, dunque, in molti casi il coniuge e i figli non devono pagare la tassa di successione e donazione, ma solo le imposte ipotecarie e catastali sugli immobili, se compresi nell’eredità o nella donazione.
Ricordiamo però che nel calcolo della franchigia si devono sempre calcolare anche le donazioni precedentemente ricevute dallo stesso soggetto. Quindi, se la donazione che ricevo oggi, sommata a quelle che ho precedentemente ricevuto dallo stesso donante, supera l’importo della franchigia, devo pagare l’imposta sulla differenza. Allo stesso modo, se il valore della mia quota di eredità, sommata alle donazioni che avevo ricevuto dal defunto quando era in vita, supera l’importo della franchigia, devo pagare l’imposta sulla differenza.
Solo per i figli, gli altri discendenti e il coniuge, è prevista anche l’esenzione dall’imposta di successione e donazione per i trasferimenti di aziende o rami di azienda, di quote sociali e di azioni. Se l’azienda comprende beni immobili, il trasferimento è esente anche dalle imposte ipotecarie e catastali. Si tratta di una novità introdotta dalla legge finanziaria 2007, che intende favorire il passaggio generazionale dell’impresa. L’esenzione non si applica quindi a tutti i trasferimenti di aziende o partecipazioni sociali, ma solo in presenza di alcune condizioni espressamente indicate dalla legge.
Prima di tutto, se si tratta di azioni o quote di srl l’esenzione si applica solo alle partecipazioni che consentono al beneficiario di acquisire o integrare il controllo della società attraverso la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Nessuna limitazione è invece prevista per le società di persone (s.n.c., s.a.s. e società semplici), quindi sembra che l’esenzione dalle imposte sia concessa anche per le partecipazioni che non consentono al beneficiario di acquisire la maggioranza. Ciò è pienamente giustificato, peraltro, dalle peculiari caratteristiche delle società di persone, nelle quali le decisioni più importanti devono essere prese all’unanimità e pertanto risulta improprio parlare di una posizione di controllo della società.
Inoltre l’erede o il donatario deve impegnarsi espressamente a proseguire nella gestione dell’azienda o a mantenere il controllo della società per almeno cinque anni dopo il trasferimento, a pena di decadenza dall’agevolazione. A tal fine il beneficiario deve rendere un’apposita dichiarazione nella denuncia di successione o nell’atto di donazione. In caso di mancato rispetto dell’impegno assunto, sarà applicata l’imposta di donazione e successione nella misura ordinaria, oltre alla sanzione amministrativa pari al trenta per cento dell’importo non versato e agli interessi di mora.
Ricordiamo infine che i titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati sono esenti dall’imposta di successione, indipendentemente dal loro valore e dal soggetto che li riceve in eredità, ma sono tassati in caso di donazione. Sono inoltre esenti dall’imposta i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. L’imposta di successione non si applica neppure alle indennità spettanti agli eredi in forza di polizze di assicurazione sulla vita contratte dal defunto.
Altre imposte sugli immobili
Oltre alla vera e propria imposta di successione e donazione, sul valore degli immobili compresi nell’eredità oppure donati si pagano le imposte ipotecarie e catastali, le stesse che paghiamo, per esempio, in caso di vendita. Se nel patrimonio del defunto, o nella donazione, sono compresi fabbricati e terreni, dunque, si paga il 2% di imposta ipotecaria e l’1% di imposta catastale. In totale il 3%, che si calcola sul valore catastale degli immobili, che per fortuna è (almeno fino a oggi) molto più basso del loro valore effettivo.
Le imposte ipotecarie e catastali sono uguali per tutti, quindi i figli pagano come i parenti più lontani e gli estranei, e purtroppo non è prevista alcuna franchigia, quindi questo 3% si paga sull’intero valore degli immobili, e non solo oltre il milione di euro (per coniuge e figli) e i 100 mila euro (per fratelli e sorelle). Se ci sono immobili, le imposte ipotecarie e catastali si pagano sempre.
E’ però possibile chiedere le agevolazioni per la prima casa. Se almeno uno degli eredi o donatari intende destinare a propria abitazione principale il fabbricato ricevuto in successione o donazione, e sono presenti i requisiti previsti dalla legge sulla prima casa, le imposte ipotecarie e catastali sono ridotte a 336 euro complessivi, indipendentemente dal valore dell’abitazione. L’agevolazione si applica solo agli immobili oggettivamente destinati a essere utilizzati come abitazione, a condizione che non siano classificati come abitazioni di lusso. L’immobile deve essere situato nel Comune di residenza dell’erede o donatario, oppure in quello in cui egli svolge la propria attività di lavoro. Può trovarsi anche in un altro Comune, purché egli si impegni a trasferire la propria residenza entro diciotto mesi, a pena di decadenza dalle agevolazioni. Sono inoltre previsti altri due requisiti. Anzitutto, l’erede o donatario non deve essere proprietario (neppure in comunione con il coniuge) né usufruttuario di un’altra abitazione situata nello stesso Comune di quella ereditata. Inoltre non deve essere proprietario né usufruttuario di un’altra abitazione, ovunque essa si trovi, che sia già stata acquistata usufruendo delle agevolazioni per la prima casa.
Quando ci sono più eredi e più immobili, ciascuno può chiedere le agevolazioni prima casa su un’abitazione, e per ciascuno di essi l’agevolazione si applica all’intera unità immobiliare, anche se il beneficiario è proprietario solo di una quota o è titolare di un diritto reale. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che si può chiedere l’agevolazione anche se la casa è utilizzata dal coniuge del defunto, che mantiene per legge il diritto di abitazione anche quando rinuncia all’eredità (risoluzione n. 29/E del 25 febbraio 2005).
Ricordiamo comunque che il semplice fatto di aver richiesto l’agevolazione per la successione o la donazione non preclude la possibilità di ottenere nuovamente le agevolazioni per la prima casa nell’ipotesi in cui si acquisti in un momento successivo un’altra abitazione, come ha espressamente chiarito l’Agenzia delle Entrate. In caso di ulteriore acquisto per successione o donazione, invece, chi ha già fruito dell’agevolazione non può goderne nuovamente, a meno che il trasferimento abbia ad oggetto quote di comproprietà dello stesso bene (circolare n. 44/E del 7 maggio 2001).
La tabella delle imposte sulle successioni e donazioni
La valutazione dei beni
I beni oggetto di successione o donazione sono tassati in base al valore che essi hanno rispettivamente nel giorno della morte, ovvero nel momento in cui si stipula l’atto di donazione.
Per quanto riguarda gli immobili, però, rimane la possibilità di ricorrere alla valutazione catastale. Fabbricati e terreni agricoli, dunque, non sono soggetti ad accertamento quando viene dichiarato un valore superiore a quello risultante dalla moltiplicazione della rendita per il coefficiente previsto dalla legge, con il procedimento noto come “valutazione automatica”. Le nuove norme che hanno di fatto eliminato la valutazione automatica dalle compravendite immobiliari, infatti, non valgono per le successioni e donazioni, alle quali continuano ad applicarsi le regole precedenti. Naturalmente la valutazione automatica presuppone l’esistenza di una rendita catastale, quindi non si applica mai ai terreni edificabili, e neppure ai fabbricati privi di rendita, come per esempio i fabbricati rurali. In questo caso è inevitabile indicare il loro valore di mercato.
Per quanto riguarda le aziende, il valore si determina in base alla differenza tra attività e passività. Se il defunto era obbligato alla redazione dell’inventario si considerano le attività e le passività risultanti dall’ultimo inventario regolarmente redatto. E’ espressamente previsto che tra le attività aziendali non si consideri l’avviamento, contrariamente a quanto avveniva in passato.
Per quanto riguarda le partecipazioni in società di qualsiasi genere (non quotate in borsa o in mercati regolamentati) si considera il valore proporzionalmente corrispondente al patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti in seguito. Si considera dunque il valore contabile. In mancanza di bilancio o di inventario si fa riferimento al valore complessivo dei beni e diritti appartenenti alla società, al netto delle passività. Anche nel caso delle partecipazioni sociali non si deve più tenere conto dell’avviamento.
Per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto si tiene conto della media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell’ultimo trimestre anteriore alla successione o all’atto di donazione, maggiorata dei dietimi o degli interessi successivamente maturati. Per i fondi comuni di investimento si considera il valore risultante dalle pubblicazioni fatte o dai prospetti redatti a norma di legge o di regolamento.
Le donazioni indirette
Le donazioni indirette sono gli atti che producono gli effetti economici propri della donazione, pur non essendo donazioni sotto l’aspetto tecnico giuridico. Per esempio, sono donazioni indirette il pagamento del debito altrui, il contratto a favore di terzo, l’accollo del debito altrui e la vendita a prezzo irrisorio. Con questi atti si raggiunge il risultato di arricchire una persona senza stipulare un vero e proprio atto di donazione. Non si applicano, dunque, le norme che regolano la forma della donazione (che richiedono la stipula per atto pubblico alla presenza dei testimoni). Si applicano però alcune norme sostanziali, e in particolare quelle sulla revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli e sulla riduzione per lesione della legittima.
L’esempio più frequente di donazione indiretta è sicuramente l’acquisto di un immobile a favore del figlio utilizzando denaro dei genitori. Secondo la giurisprudenza l’intestazione in nome del figlio di un bene immobile acquistato dai genitori configura una donazione indiretta dell’immobile, sia nel caso di acquisto da parte del figlio con il denaro appositamente fornito dai genitori, sia nel caso di pagamento contestuale da parte dei genitori, sia nel caso di conclusione del contratto da parte dei genitori a favore del figlio. In questo caso, avviene spesso che il figlio non abbia un reddito sufficiente a giustificare l’investimento effettuato, quindi è meglio far risultare espressamente, di fronte al fisco, che i soldi vengono dai genitori. Menzionare la provenienza del denaro può essere opportuno anche sotto il profilo successorio, per evitare di creare tra i figli disparità non desiderate (a meno che il beneficiario non sia figlio unico).
Con il ritorno dell’imposta sulle donazioni, oggi la legge prevede che le donazioni indirette siano tassate allo stesso modo delle donazioni vere e proprie. Fornire il denaro necessario all’acquisto di un bene equivale dunque a donare la stessa somma di denaro. C’è però un’eccezione importante. E’ tornata infatti applicabile anche la norma che prevede l’esenzione dall’imposta di donazione per le liberalità collegate al trasferimento di immobili o aziende (o costituzione di diritti reali sugli stessi beni), quando all’atto si applica l’imposta di registro proporzionale oppure l’Iva.
Questa esenzione è particolarmente importante perché ci consente di far risultare espressamente negli atti pubblici la provenienza dai genitori del denaro impiegato per l’acquisto di beni da parte dei figli, senza dover sopportare costi aggiuntivi. Come abbiamo visto, ciò risulta opportuno sia sotto il profilo successorio, quando l’acquirente non è figlio unico (perché viene fatto risultare chiaramente che il figlio beneficiato dovrà imputare il bene acquistato alla propria quota ereditaria), sia sotto il profilo delle imposte dirette, quando il figlio, come spesso avviene, non è dotato di redditi propri sufficienti a giustificare l’investimento effettuato. Per fare risultare la donazione indiretta è sufficiente che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari che il pagamento del corrispettivo è avvenuto a cura del donante, senza bisogno che questo intervenga all’atto notarile.
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