I contratti di convivenza
Le famiglie di fatto si stanno rapidamente diffondendo in tutta Italia. Secondo l’ISTAT, il loro numero si è pressoché raddoppiato negli ultimi cinque anni, tuttavia non esiste una legge che le disciplini in modo specifico, e ciò è fonte di numerosi problemi.
E’ però possibile utilizzare diversi tipi di contratti, accordi e dichiarazioni testamentarie, previsti in via generale dal nostro ordinamento giuridico, per disciplinare numerosi aspetti della convivenza, almeno sotto il profilo patrimoniale. Per gli aspetti personali, o quelli legati alla presenza di figli, dobbiamo invece aspettare l’intervento del legislatore, non essendo ammesso un accordo di tipo contrattuale.
I contratti di convivenza non sono, ovviamente, contratti standard precompilati, ma accordi “tagliati su misura” in base alle esigenze delle parti, che il notaio può preparare e formalizzare in un atto pubblico, una scrittura autentica o un testamento.
Con l’aiuto del notaio è possibile regolare lo svolgimento della convivenza, ma anche disciplinare alcuni aspetti legati all’eventuale interruzione del rapporto. E’ anche possibile designare il convivente come soggetto destinato a intervenire in caso di incapacità giuridica (amministratore di sostegno); ciascuno dei conviventi può inoltre redigere un testamento per disporre dell’eredità o di un lascito.
Lo svolgimento della convivenza può essere disciplinato, sul piano strettamente patrimoniale, prevedendo la misura e le modalità della contribuzione da parte di ciascuno, in relazione alle spese da sostenere, alla proprietà e all’utilizzo dei beni mobili e immobili. In particolare può essere opportuno prendere accordi circa l’utilizzo e i costi di gestione dell’abitazione, che può essere di proprietà di uno dei conviventi oppure di entrambi. L’abitazione, e i beni immobili in genere, rappresentano anche un aspetto fondamentale da regolare in previsione dell’eventuale cessazione della convivenza. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che oggi circa la metà dei matrimoni finisce entro pochi anni, e ciò vale senz’altro anche per le convivenze, pur in mancanza di statistiche ufficiali. In caso di interruzione del rapporto, avere in comune la proprietà dell’abitazione (magari con le relative rate del mutuo da pagare) può essere fonte di problemi difficili da risolvere, ma che possono essere facilmente evitati sottoscrivendo un accordo preventivo. Se la casa è di uno solo dei conviventi, la situazione può essere ancora più difficile per l’altro, che rischia di trovarsi improvvisamente in mezzo alla strada, senza alcuna tutela legale. con il contratto di convivenza può essere invece previsto, per esempio, l’utilizzo temporaneo della casa per un certo periodo.
Un’altra cosa da tenere presente è che al convivente non è riconosciuto dalla legge alcun ruolo in caso di grave malattia o infortunio del compagno. Può essere opportuno, dunque, procedere alla designazione preventiva, con atto notarile, del soggetto destinato ad assumere il ruolo di amministratore di sostegno in caso di incapacità giuridica. In mancanza, infatti, il giudice nominerebbe uno dei parenti più prossimi.
Ricordiamo infine che al convivente non è riconosciuto alcun diritto sotto il profilo della successione in caso di morte, quindi per nominarlo erede oppure lasciargli un bene o una somma determinata è necessario redigere un testamento, che tenga conto anche dei diritti riconosciuti dalla legge ai legittimari.
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