Quali sono le garanzie su risparmi e investimenti
La crisi finanziaria ha creato una clima di sfiducia verso le banche da parte dei cittadini, che hanno assistito al fallimento di istituti di credito con una lunga storia, negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, e al crollo delle quotazioni in borsa di molte banche italiane. Il Governo ha dunque deciso di intervenire per tranquillizzare i risparmiatori, aumentando le garanzie nei loro confronti. Ricordiamo, in particolare, che lo Stato italiano ha riaffermato con forza la solidità del nostro sistema creditizio, ma si è anche impegnato a intervenire, ove necessario, per impedire il fallimento delle banche italiane, mediante ricapitalizzazione con sottoscrizione di azioni privilegiate, e garantendo le nuove emissioni obbligazionarie. Rimangono però molti dubbi sulle garanzie previste per le singole categorie di investimenti finanziari. Può essere utile, allora, riepilogare quali sono queste tutele, e quali rischi possono effettivamente garantire.
Dall’esame di queste garanzie, risulta chiaro che non c’è alcun motivo per lasciarsi prendere dal panico, ed è sufficiente prendere alcune precauzioni per dormire sonni tranquilli nonostante la tempesta che infuria sui mercati. In ogni caso, l’investimento immobiliare si conferma ancora una volta la soluzione più sicura per chi, in questo momento, dispone di liquidità da investire a medio-lungo termine.
Conti correnti, conti di deposito, certificati di deposito, assegni circolari, libretti di risparmio
I conti bancari sono coperti dalla garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), fino all’importo massimo di euro 103.291,28. Si tratta di un fondo di garanzia creato da un consorzio privato tra le banche italiane. Il fondo non è costituito da un capitale già versato, ma viene creato, in caso di fallimento di una banca, dai versamenti obbligatori delle altre banche. Al fondo possono aderire anche le banche estere con filiali in Italia (come per esempio IngDirect). Alla garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi si è aggiunta, ora, per una durata di tre anni, la garanzia integrativa dello Stato, che si è impegnato a coprire le eventuali somme rimaste scoperte (nella malaugurata ipotesi in cui falliscano troppe banche contemporaneamente), ma sempre entro il tetto massimo di euro 103.291,28. Questo resta dunque il limite massimo garantito. In caso di conti cointestati a due o più soggetti, il limite vale per ciascuno dei titolari. Ricordiamo inoltre che il tetto si riferisce a tutti i conti aperti presso la stessa banca, mentre chi ha conti in più banche diverse può contare sulla garanzia su ciascun conto. I conti aperti presso le banche che operano on line hanno la stessa garanzia dei conti tradizionali.
Da queste regole risulta chiaro che, per essere completamente tutelati, è meglio non tenere più di 103 mila euro (per ciascun intestatario di conto) presso la stessa banca, perché l’eccedenza non è garantita da nessuno, né dal Fitd né dallo Stato. E’ chiaro che normalmente una famiglia non tiene una tale somma sul conto corrente, perché conviene investirla diversamente, ma ciò può accadere in alcuni casi particolari, per esempio a chi sta accumulando la liquidità in previsione di un acquisto immobiliare, o di un’altra spesa importante. Ciò vale a maggior ragione per le imprese, che possono avere bisogno di liquidità sul conto, per la gestione della propria attività corrente. In questo caso, per stare tranquilli, è meglio avere più conti presso banche diverse. Così, oltre a ridurre il rischio del fallimento (è difficile che falliscano più banche contemporaneamente) si può godere della garanzia per l’intera somma depositata.
Conti correnti presso le banche di credito cooperativo
I depositi presso le banche di credito cooperativo sono garantiti da un fondo specifico, che funziona come il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e ha lo stesso limite massimo di euro 103.291,28.
Conto titoli
I titoli conservati dalle banche per conto dei clienti rimangono completamente separati dal patrimonio della banca, quindi i creditori di quest’ultima non possono rivalersi su questi, neppure in caso di fallimento della banca.
Azioni
I titoli azionari sono un investimento in capitale di rischio, e già da questa definizione si capisce che non c’è alcuna garanzia. Gli azionisti sono soci della società in cui investono, e se questa fallisce possono perdere tutto il capitale investito. Sono inoltre soggetti alla variazione, anche improvvisa, delle quotazioni del titolo in borsa. L’acquisto di azioni deve dunque essere valutato con molta cautela, perché rappresenta una delle forme più rischiose di investimento finanziario.
Obbligazioni di società private
Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di un prestito fatto a una società, e normalmente sono prive di garanzie. Acquistare obbligazioni significa prestare dei soldi a una società, che si impegna a restituirli a una data scadenza, pagando inoltre un interesse (che sarà più basso se il debitore è affidabile, più alto se è considerato a rischio di insolvenza). Il primo rischio, quindi, è che il debitore non restituisca i soldi alla scadenza. In caso di fallimento, è possibile perdere l’intero capitale investito. Le nuove norme, però, hanno introdotto la possibilità che lo Stato garantisca alcune obbligazioni emesse dalle banche. Quando c’è questa garanzia (da verificare caso per caso), la sicurezza dell’investimento può essere paragonato a quello in titoli di Stato.
Se tutto va bene, alla scadenza dell’obbligazione otteniamo la restituzione del capitale, oltre agli interessi pattuiti. Se invece abbiamo bisogno di vendere le obbligazioni prima della scadenza, perché ci servono i nostri soldi, allora c’è la possibilità di ottenere meno di quanto abbiamo versato, perché le obbligazioni possono perdere valore in seguito alla variazione dei tassi di interesse sul mercato. Anche in questo caso, non ci sono garanzie. Dobbiamo quindi valutare attentamente la solvibilità della società a cui prestiamo i soldi, e possibilmente tenere i titoli fino alla scadenza prevista.
Titoli di Stato
I titoli di Stato italiani (Bot, Cct, Btp) sono obbligazioni emesse dallo Stato italiano. Acquistare titoli di Stato significa prestare dei soldi allo Stato, che si impegna a restituirli a una data scadenza, pagando inoltre un interesse. Il rischio di perdere il capitale è molto remoto, dato che ciò può avvenire solo in caso di bancarotta dello Stato. Sono pertanto considerati una delle forme più sicure di investimento, e proprio per questo danno di solito un rendimento inferiore rispetto ad altri investimenti più rischiosi. Però, come abbiamo visto per le obbligazioni, se abbiamo bisogno di vendere i titoli prima della scadenza c’è la possibilità di ottenere meno di quanto abbiamo versato, perché anche i titoli di Stato possono perdere valore in seguito alla variazione dei tassi di interesse sul mercato. Alla scadenza, invece, siamo sicuri di ottenere l’intero capitale investito.
Risparmio postale
I titoli del risparmio postale (libretti postali) sono garantiti dallo Stato attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, quindi danno un livello di sicurezza simile a quello dei titoli di Stato.
Fondi comuni di investimento, Etf
I fondi comuni sono gestiti da società bancarie o finanziarie (Sgr), ma il loro patrimonio è separato da quello del gestore, quindi non possono essere coinvolti nel suo eventuale fallimento. Da questo punto di vista, quindi, garantiscono un grado di tutela molto elevato. Lo stesso vale per gli Etf, che sono fondi privi di gestione attiva, dunque meno costosi.
Altro discorso è quello relativo al rischio di variazione del valore delle quote dei fondi, che dipende dai titoli che sono in esso compresi (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, etc.) e dalla capacità del gestore. Da questo punto di vista, il grado di rischio dipende dalla categoria del fondo in cui abbiamo investito (azionario, obbligazionario, monetario, settoriale, geografico, etc.). I fondi azionari possono rendere di più, ma sono più rischiosi, mentre quelli obbligazionari di solito rendono meno, ma sono più sicuri. I fondi che investono solo in titoli di Stato hanno il massimo grado di sicurezza.
Fondi pensione
I fondi pensione sono a tutti gli effetti dei fondi di investimento, quindi vale quanto detto per questi ultimi.
Tfr lasciato in azienda
Chi ha lasciato il Tfr in azienda è tutelato, in caso di fallimento di quest’ultima, dal fondo di garanzia dell’Inps, che si fa carico per intero del Tfr accumulato dai dipendenti.
Sim
Le Società di Intermediazione Mobiliare (Sim) gestiscono per conto dei clienti un patrimonio (composto da titoli di varia natura) che per legge deve rimanere completamente separato dal patrimonio della Sim, quindi i creditori di quest’ultima non possono rivalersi sui titoli dei clienti, neppure in caso di fallimento della Sim. Se la Sim, in frode alla legge ed eludendo la vigilanza delle autorità, non ha rispettato questa regola, interviene il Fondo Nazionale di Garanzia, che tutela l’investitore, ma solo fino a un massimo di 20 mila euro.
Pronti contro termine
Le operazioni di pronto contro termine consistono nell’acquisto immediato di un titolo (“a pronti”) e nella sua contestuale rivendita “a termine” alla stessa banca che lo ha venduto. La banca, dunque, vende un titolo all’investitore, a un certo prezzo, e contemporaneamente si impegna a riacquistarlo, dopo un certo periodo di tempo (per esempio un mese dopo), a un prezzo superiore, garantendogli così un guadagno predeterminato, che viene espresso in percentuale sulla somma investita. Le operazioni di pronto contro termine sono frequentemente impiegate per investire la liquidità a breve periodo (da un mese a sei mesi), garantendo un rendimento certo, superiore all’interesse che si ottiene di solito sui conti correnti, in cambio dell’obbligo di mantenere immobilizzato l’investimento per un determinato periodo di tempo. I pronti contro termine godono anche di un trattamento fiscale più favorevole rispetto ai conti di deposito (12,5% invece del 27%), quindi anche a parità di rendimento si pagano meno tasse e perciò si guadagna di più.
L’operazione di pronti contro termine avviene utilizzando un titolo, che viene definito “sottostante”, perchè sta sotto l’operazione, cioè è il titolo che viene prima venduto dalla banca, e poi riacquistato da quest’ultima. Il titolo sottostante di solito è un’obbligazione della stessa banca (o di una banca del gruppo) oppure un titolo di Stato.
Nonostante l’ampio utilizzo che si fa nella pratica, i pronti contro termine non sono oggetto di una specifica disciplina legislativa, e le interpretazioni della giurisprudenza non sono concordi, quindi rimangono dei dubbi sui rischi che si assume l’investitore. E’ opportuno, dunque, prendere in considerazione l’interpretazione più prudente, pur tenendo presente che sono state espresse opinioni diverse. Quel che è certo è che i pronti contro termine non sono garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), che tutela i conti correnti bancari fino all’importo massimo di euro 103.291,28. Che rischi corre, dunque l’investitore? Prima di tutto, dobbiamo considerare la possibilità che fallisca la banca che ha proposto l’operazione, prima della scadenza di questa. A questo punto la banca non riacquisterà il titolo sottostante, che rimarrà di proprietà dell’investitore. L’investitore, dunque, è abbastanza tutelato, dato che normalmente il titolo potrà essere rivenduto ad altri, senza subire alcuna perdita o comunque con una perdita minima. Se il titolo sottostante è un titolo di Stato, non dovrebbero esserci problemi. La seconda possibilità è invece che prima della scadenza dell’operazione fallisca l’emittente del titolo sottostante, quando questo è un’obbligazione emessa da una banca (a meno che sia espressamente garantita dallo Stato, come ora consentono le nuove norme). A questo punto il titolo sottostante non ha più valore, e la banca che ha proposto l’operazione può ritirarsi, cioè rifiutarsi di riacquistare il titolo. L’investitore rimane dunque senza i soldi e con un titolo che non vale più niente, e non ha nessuna garanzia. La situazione è ancora peggiore se il titolo sottostante è un’obbligazione emessa dalla stessa banca che ha proposto l’operazione di pronti contro termine. La morale di tutto questo è che i pronti contro termine, pur se largamente utilizzati, di solito senza alcun problema, non sono esenti da rischi, quando il titolo sottostante è un’obbligazione bancaria non garantita. Di questi tempi, allora, meglio chiedere che il titolo sottostante, nell’operazione di pronti contro termine, sia solo un titolo di Stato, oppure un’obbligazione espressamente garantita dallo Stato. In questo caso si può stare abbastanza tranquilli.
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